Lettera 1 – Completo, o parzialmente tale

Oggi il mare è calmo, il cielo terso, le nuvole immobili e perfette. Sembra tutto in ordine, tutto tirato a lucido, senza pieghe.
Tirato a lucido sembri anche tu. E quando mai posso dire diversamente? Fedele nella tua camicia ed il tuo cardigan, curato, belle mani, non una piega.
Belle labbra, belle da sentire su di me.
Begli occhi, in cui leggere tante cose, disordinate, che arrivano in superficie come cavalloni e sarebbe meglio non leggere.
Autonomia… beh, che dobbiamo fare? L’economia è importante: dieci minuti per un caffè, cinque per un bacio veloce, quindici o venti una scopata… quaranta per un servizio completo, ed in quarantacinque sei a casa rimpacchettata al netto di strascichi.
Queste le regole del gioco.
E giochiamo allora, giochi con la linea dei miei fianchi, dei miei seni, del mio collo, andata e ritorno nell’istantanea di un angolo di paradiso.

L’amore nelle sue forme più salutari, la leggerezza come piuma capace di sollevare un cuore in pietra, ma serena e specchiata, roccia liscia che ti rigiri fra le mani, il tesoro che da bambino hai trovato sulla spiaggia.

Il mio cuore, intanto, è quello stesso mare calmo che specchia i miei occhi.
Accolgo quelle navi bianche, mi carezza la brezza, custodisco la schiuma che orna i miei scogli e me li fa apparire più dolci, più quieti, limpidi di una purezza che non ho.
Sono acqua di passaggio, in transito in questo corso, che domani sarà altrove. E sento tutto questo mescolio, e sento il vento, e sento il bisogno di sentirmi squassata da te, che spezzi la corrente senza pace ne pazienza, dettando il nuovo tuo ritmo che mi sospendo per seguire.

È un pò come quando arriva la tempesta, e dopo tutto è pulito e rinfrescato.
Se ci pensi, pure lei, dura un’ora o poco più, e c’è una sorta di distanza meravigliosa in questo.
Quando esci di casa poi tutto ti appare diverso, quelle stesse macchine lavate dall’acqua piovana hanno forme diverse, gli alberi hanno alleggerito le fronde che ora penzolano cercando ristoro come amanti sfiniti, nessun odore coincide, nessun colore, tutto è rivestito di una pellicola lucente e ci cammini come all’interno di un quadro, senza sentirti parte della scena.

Il principe azzurro di oggi alle rose preferisce le spunte su whatsapp.
L’amante di oggi ti seleziona casualmente da lista di curricula, e dopo un colloquio sommario decide se sei abbastanza veloce per fare al caso suo. C’è da correre la maratona, ma tu non devi arrivare al traguardo.

Le persone, oggi, ti fanno cappotto con il metro del tempo che non spenderanno con te. Io un giorno mi sono svegliata e mi sono accorta che avevo bisogno di realtà. Così ho deciso di partire, ma intrappolata in una schiavitù di scadenze, il tentativo è parso monco.
Come alternativa, la soluzione migliore mi sembrava accogliere tutto ciò che il mio sguardo ed il mio cuore potessero abbracciare. Ti ho conosciuto così, mentre ero assorta a fare altro e non prestavo attenzione. Succede che stai riordinando le carte di lavoro, e to’ una penna, un foglio importante, un’emozione… rimetti tutto in borsa ed è fatta, te la stai portando via.
Sono errori, si capisce. Nella maggior parte dei casi l’emozione rimane schiacciata fra quei fogli ed un libro, si appiattisce, si accartoccia, ed un giorno la butti via come uno scontrino appallottolato. In altri casi, te la dimentichi lì e mette radici, ed un giorno ti ritrovi seduta in grembo ad un uomo che ti sussurra: “Ferma, faccio io” e ti senti metallo in un crogiuolo.

La verità è che la distanza è una linea immaginaria, come l’orizzonte. La percepisci, te la immagini, eppure non c’è.
Basta affacciarsi alla finestra, accogliere un pò di questo sole, guardare in faccia le gente, leggerci tutta questa paura, accantonare le tue, e capire.
Quando hai capito, la distanza diventa come Babbo Natale. E la distanza ora è per me non vuoto ma spazio misurabile in pelle e pensiero. Essere qui ed esser collegati. Sentire mio padre, mia madre, gli amici di una vita, fino ad ogni ignorabile parte di me, ed al contempo vivere qui nel presente la tua pelle contro la mia. Una fotografia, quell’istantanea.